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Linda Mancuso(Udc)«Lotterò per la doppia cittadinanza» CANDIDATI ALL’ESTERO - Linda Mancuso in lista alla Camera per l’Udc. È direttore generale del patronato Epas TORONTO - Orgoglio e passione. Linda Mancuso, 44 anni, direttore generale del patronato Epas/Fna, sposata con un italiano, due figli: è lei la candidata alla Camera per l’Udc nella circoscrizione del Nord America. Nessun incarico politico alle spalle, ma tanta esperienza nel campo delle comunicazioni, rapporti quotidiani con la comunità italiana, l’orgoglio delle proprie radici d’origine e tanta passione. «Sono stata direttore generale del Congresso nazionale degli italocanadesi, distretto di Toronto, quando era presidente Gregory Grande. Poi ho contribuito a fondato un centro di consulenza per donne e bambini vittime di violenza, collegato con la “Yellowbrick House”. Sono stata membro attivo anche della campagna per la raccolta fondi della “Green Ribbon Task Force” insieme alla madre di Leslie Mahaffey, Debbie. Nel campo del sociale, inoltre, ho fondato dei programmi per un centro per bambini e madri indigenti nella zona di North York.». Come è nata l’idea di candidarsi? «Lavoro da sempre a contatto con la comunità italiana e ci tengo moltissimo a promuovere la nostra cultura e a creare una connessione forte con l’Italia. Sono figlia di emigrati, ho sposato un italiano e ho due figli nati qui, che sono la mia passione. Credo sia molto importante promuovere programmi che aiutino i giovani a preservare la lingua e la cultura italiana. Non voglio criticare nessuno e ho fiducia in tutti i candidati, sono convinta, però, che si debba fare di più per coinvolgere i giovani. Abbiamo bisogno di loro». Entrare in politica a 44 anni senza esperienza non dev’essere semplice. Su cosa punta? «Sono la prima a stupirmi e, nello stesso tempo, ad ammirare il mio coraggio. È vero, non è facile: prima di tutto sono una donna, e ho 44 anni. Ma sono stata cresciuta con valori italiani. Tutto quello che ho imparato della nostra cultura e della nostra lingua lo devo ai miei genitori. E credo di poter rappresentare bene i bisogni della mia comunità». Lei si trova spesso a contatto con gli italiani che vivono qui. Quali bisogni emergono dalla voce della gente? «Sicuramente la doppia cittadinanza è un argomento che sta molto a cuore alla comunità, ma è importante anche per me. Se ho avuto l’opportunità di candidarmi nelle liste italiane, infatti, è proprio perché le possiedo entrambe. In Italia, però, si devono un po’ svegliare e si devono render conto che anche loro hanno bisogno di noi. Ci sono tanti giovani, per esempio, molti dei quali anche laureati, che immigrano qui. Ed io faccio il possibile per aiutarli a trovare una sistemazione. È importante, insomma, coltivare gli accordi fra Italia e Canada. Ne sono stati firmati tanti, soprattutto in passato, ai tempi di Trudeau e Andreotti, poi sono stati abbandonati. Alcuni sono stati revisionati, per esempio quello sulle pensioni, ma poi sono caduti nel vuoto e le legislazioni sono quello che sono». Di chi è la responsabilità, secondo lei: del governo italiano o dei deputati eletti all’estero? «Non voglio dire che i parlamentari che hanno rappresentato finora la nostra comunità non abbiano fatto abbastanza. Ma so di essermi candidata non tanto perché voglio vincere, quanto perché so che potrei essere davvero una valida portavoce degli italiani che vivono all’estero. E voglio mettermi al loro servizio perché ho sempre lavorato nella comunità». Allora, da dove bisogna cominciare? «Innazitutto dobbiamo coltivare i rapporti fra Italia e Canada e creare nuovi programmi. Non possiamo dipendere dai governi, altrimenti la nostra cultura rischia di perdersi e preservarla è nell’interesse sia dell’Italia che del Canada. Io credo nella cultura italiana, che sento mia. È a rischio stesso anche il diritto di voto all’estero». Quali sono i punti cardine del suo programma? «Cultura, lingua italiana e pensioni d’anzianità, partendo dagli accordi già in vigore. Un altro punto è senz’altro l’immigrazione. Adesso c’è il libero accesso per gli studenti italiani che vogliono studiare in Canada (e viceversa per quelli canadesi), che possono rimanere per sei mesi, ma non sono sufficienti. Stiamo già lavorando con l’immigration per prolungare il permesso di soggiorno. E ovviamente, poi, come dicevo prima, c’è la questione, importantissima, della doppia cittadinanza. So che è un tema molto complesso da affrontare, ma si potrebbe cominciare con gli immigrati nati in Italia, che hanno acquistato la cittadinanza canadese prima del ’92. Ogni giorno nel mio ufficio vengono persone anziane a chiedermi come fare per ottenere di nuovo la cittadinanza italiana, che non si rassegnano ad aver perso per sempre. Non si può cambiare una legislazione di notte, e non voglio scaricare la colpa né sul consolato, né sul ministero degli Esteri. Si dovrebbe cominciare a risolvere il problema un passo alla volta, focalizzandosi prima sugli anziani e sulle persone che hanno perso la cittadinanza prima del ’92». Secondo lei, su quest’argomento i parlamentari che sono stati in carica finora non hanno fatto abbastanza? «Non voglio dire questo. Dico che forse bisognava dialogare di più con la comunità. È vero che il tempo a disposizione è stato poco e ci sono stati problemi anche con il governo italiano. Forse, però, potevano fare un po’ di più. È stato fatto poco soprattutto per i giovani e per promuovere nuovi programmi. Non è una critica, però... Per quanto mi riguarda credo che sia molto utile aver avuto genitori italiani, ma essere nata in Canada. Questo mi permette di conoscere molto bene il sistema politico nordamericano e allo stesso tempo le radici della cultura italiana. So cos’hanno nel cuore le persone della nostra comunità perché l’ho provato sulla mia pelle e per questo penso di poter essere davvero una buona portavoce dei loro bisogni». Cosa ne pensa della proposta di legge sulla diffusione della lingua italiana all’estero avanzata anche dall’onorevole Gino Bucchino? «Appoggio la riforma di legge sulla lingua italiana. Ma è un problema che va affrontato anche qui, dove esistono tantissimi programmi di promozione. Purtroppo, però, il costo è abbastanza alto. Il governo canadese eroga fondi, ma non possiamo dipendere dai fondi canadesi. Sono programmi eccellenti, ma per ora studiare italiano è un privilegio, che si possono permettere in pochi. Credo che dovrebbe essere anche il governo italiano a farsene carico e lotterò per questo. Se per qualche motivo, infatti, il Canada dovesse tagliare i finanziamenti, come a volte ha minacciato di fare, cosa succederebbe alla nostra lingua? Morirebbe lì? E il governo italiano deve capire che se abbiamo ottenuto il diritto di voto, dobbiamo poter far valere i nostri diritti sia qui che in Italia. Sono convinta che ne trarrebbero vantaggio entrambi, il Canada da una parte e l’Italia dall’altra».
Di LETIZIA TESI
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